"Ognuno è un genio! Ma se si giudica un pesce dalla sua capacità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido"

giovedì 19 dicembre 2024

Natale 2024 - Classe Quinta

Come lavoro di Arte e Tecnologia, quest'anno abbiamo realizzato delle palline, con la tecnica del decoupage, utilizzando sfere di polistirolo del diametro di 120 cm, e un simpatico biglietto con un albero di Natale fatto con cuori, di dimensioni e colori diversi, realizzati con le fustelle. I bambini, ormai, sono abituati a lavorare con il decoupage, ci mancava l'utilizzo, di questa tecnica, sul polistirolo, visto che lo abbiamo realizzato negli anni passati, sia su vetro che su legno, sia a Natale che a Pasqua.

All'interno del biglietto, come ormai faccio ogni volta che ho la quinta, ho stampato la poesia di Madre Teresa di Calcutta.

È Natale
È Natale ogni volta
che sorridi a un fratello
e gli tendi la mano.
È Natale ogni volta
che rimani in silenzio
per ascoltare l’altro.
È Natale ogni volta
che non accetti quei princìpi
che relegano gli oppressi
ai margini della società.
È Natale ogni volta
che speri con quelli che disperano,
nella povertà fisica e spirituale.
È Natale ogni volta
che riconosci, con umiltà,
i tuoi limiti e la tua debolezza.
È Natale ogni volta
che permetti al Signore di rinascere,
per donarlo agli altri.
 Madre Teresa di Calcutta 





Quest’anno, come sempre, abbiamo organizzato una piccola rappresentazione teatrale mettendo in scena due testi, molto diversi tra loro, per lingua e stile , ma molto vicini per quel che riguarda il messaggio che trasmettono. Uno, è una parodia della famosa “Livella” di Totò, l'altro è la poesia La notte santa di Guido Gozzano.

La parodia della Livella è stata, come si può ben immaginare, in dialetto napoletano ed ha ripercorso, attraverso le immagini del presepio, gli avvenimenti che vanno dall’annunciazione a Maria all’arrivo dei re magi. Il testo ci ha fatto riflettere sul fatto che, spesso, il Natale si riduce quasi unicamente ad un’occasione  per fare festa e fare regali e ci si dimentica il vero significato di questa ricorrenza.

L’arte della trasformazione, dell’imitazione e della contraffazione, fa parte proprio della cultura partenopea e noi lo abbiamo fatto con tutto il rispetto, più che dovuto, verso il “Principe della risata”, in un racconto, forse un po’ inconsueto, che rievoca, la nascita di Gesù.

Quest'anno, abbiamo studiato l'origine della Lingua Italiana, le lingue neoclassiche, gli arcaismi, i latinismi, i neologismi, i dialetti....perciò la piccola recita è stata uno strumento trasversale alle attività didattiche canoniche e, anche il testo, molto diverso, di Gozzano, è servito allo scopo di far scoprire agli alunni le infinite possibilità dell'espressione orale e artistica del nostro patrimonio culturale.

La Notte Santa, infatti, è una commovente reinterpretazione in versi e in rime, della Natività. Nelle strofe di questa semplice, quanto sincera, poesia, Gozzano racconta, il difficile percorso compiuto da Giuseppe e Maria poco prima della nascita di Gesù. Il poeta la scrisse nell'approssimarsi del Santo Natale 1914.

Dai grandi poeti ci aspettiamo parole complesse, metafore, espressioni immaginifiche; Guido Gozzano, in questa poesia, ci parla, invece, con un linguaggio chiaro, elementare, paziente come quello che si riserva soprattutto ai bambini. La Notte Santa si rivela una favola della buonanotte o, meglio, una preghiera, scandita da un canto nostalgico che sembra custodito nel cuore della notte di Natale.

La notte Santa
di Guido Gozzano
“Consolati, Maria, del tuo pellegrinare!
Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei.
Presso quell’osteria potremo riposare,
ché troppo stanco sono e troppo stanca sei”.
Il campanile scocca
lentamente le sei.
“Avete un po’ di posto, o voi del Caval Grigio?
Un po’ di posto per me e per Giuseppe?”.
“Signori, ce ne duole: è notte di prodigio;
son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe”.
Il campanile scocca
lentamente le sette.
“Oste del Moro, avete un rifugio per noi?
Mia moglie più non regge ed io son così rotto!”.
“Tutto l’albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi:
Tentate al Cervo Bianco, quell’osteria più sotto”.
Il campanile scocca
lentamente le otto.
“O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno
avete per dormire? Non ci mandate altrove!”.
“S’attende la cometa. Tutto l’albergo ho pieno
d’astronomi e di dotti, qui giunti d’ogni dove”.
Il campanile scocca
lentamente le nove.
“Ostessa dei Tre Merli, pietà d’una sorella!
Pensate in quale stato e quanta strada feci!”.
“Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella.
Son negromanti, magi persiani, egizi, greci…”.
Il campanile scocca
lentamente le dieci.
“Oste di Cesarea…”. “Un vecchio falegname?
Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente?
L’albergo è tutto pieno di cavalieri e dame:
non amo la miscela dell’alta e bassa gente”.
Il campanile scocca
le undici lentamente.
“La neve!”. “Ecco una stalla!”. “Avrà posto per due?”.
“Che freddo!”. “Siamo a sosta”. “Ma quanta neve, quanta!”.
“Un po’ ci scalderanno quell’asino e quel bue…”.
Maria già trascolora, divinamente affranta…
Il campanile scocca
La Mezzanotte Santa.
È nato!
Alleluia, alleluia,
è nato il Sovrano Bambino!
La notte, che già fu sì buia,
risplende di un astro divino.
Orsù, cornamuse, più gaie,
suonate; squillate, campane!
Venite, pastori e massaie,
o genti vicine e lontane!
Non sete, non molli tappeti,
ma, come i libri hanno detto
da quattro mill’anni i profeti
un poco di paglia ha per letto.
Per quattro mill’anni s’attese
quest’ora su tutte le ore.
È nato! È nato il Signore!
È nato nel nostro paese!
La notte, che già fu si buia,
risplende di un astro divino.
È nato il Sovrano Bambino.
È nato!
Alleluia! Alleluia!
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